Papa Francesco è stato forse il pontefice più frainteso e adulato dalla stampa e dai fedeli, che all’unisono l’hanno presentato come un uomo di innovazione e di cambiamenti epocali, anche quando l’evidenza dei fatti e la sobrietà dei giudizi avrebbero dovuto ispirare un atteggiamento più equilibrato e sobrio. Per esempio, tutti ricordiamo il «Buonasera» con cui aprì il suo pontificato il 13 marzo 2013, la sera della sua elezione in Piazza San Pietro, ma tutti abbiamo dimenticato l’analogo «Buonanotte» con cui Benedetto XVI aveva chiuso il suo il 28 febbraio, la sera delle sue dimissioni a Castel Gandolfo. Qualcosa di subliminale ha portato il pubblico a considerare la prima espressione come straordinaria, e la seconda come ordinaria, benché avessero la stessa identica valenza linguistica.

E’ stato il Santo Padre più frainteso di sempre (La Stampa, 22/04/25). Traduzione inglese qui.

Il suo pontificato? Una delusione, soprattutto per quanto concerne la lotta alla pedofilia nella Chiesa Cattolica e una radicale riforma dello IOR. Ma anche su altre questioni, ad esempio l’ecologismo, Bergoglio è stato “eccessivamente astratto” per non aver mai affrontato due tematiche fondamentali, come il consumo di carne e la sovrappopolazione del pianeta.

Da Papa Francesco mi aspettavo di più (Fanpage, 21/04/25)

Il ricovero di Papa Francesco al Policlinico Gemelli di Roma per un’infezione polimicrobica delle vie respiratorie ha riaperto il dibattito sulla possibilità che Bergoglio possa rassegnare le dimissioni come fece, nel febbraio 2013, il suo predecessore Benedetto XVI. Le condizioni di salute del Santo Padre infatti non sono delle migliori: gli esami hanno evidenziato un quadro clinico complesso che richiederà una degenza ospedaliera adeguata, probabilmente non breve. Per questo da più parti si è tornati a parlare dell’ipotesi di un suo “passo indietro”, scenario che d’altro canto lo stesso Santo Padre aveva evocato esplicitamente.

Papa Francesco faccia un gesto di umiltà, e si dimetta (Fanpage, 18/02/25)

Credo che il modo migliore per ricordare Gabriele Lolli sia ricordare i libri a cui ha dedicato le sue energie intellettuali, in un mezzo secolo esatto di attività editoriale: dalla Teoria assiomatica degli insiemi del 1974 a La creatività in matematica del 2024, entrambi per Bollati Boringhieri. Evitando un buon numero di titoli tecnici per specialisti, concentriamo l’attenzione sui volumi nei quali Lolli ha infuso la sua sapienza divulgativa. Libri dai quali chiunque voglia farsi un’idea della logica, o della filosofia e dei fondamenti della matematica, può trarre piacere e beneficio, come ne traevano dalle sue conversazioni i fortunati che hanno avuto l’occasione di conoscerlo e di frequentarlo.

Gabriele Lolli: guida alla lettura (L’Indice, Febbraio 2025)

La millenaria storia della logica è partita da Aristotele e dagli stoici, è passata attraverso gli scolastici, ed è approdata a Kant e Hegel. Non stupisce, dunque, che la si sia sempre studiata nei Dipartimenti di Filosofia. Negli ultimi duecento anni, però, la logica è diventata dapprima matematica e poi informatica, ma solo nell’ultima parte del secolo scorso ha acquisito diritto di cittadinanza nei rispettivi dipartimenti. In buona parte, grazie al lavoro e all’impegno di Gabriele Lolli, il più titolato logico e filosofo della matematica italiano della seconda metà del Novecento, che ci ha lasciati orfani l’altro ieri, due settimane dopo il suo ottantaduesimo compleanno.

Gabriele Lolli, il filosofo della logica che veniva da Yale (La Stampa, 16/01/25)

Il poeta Thomas Eliot scriveva, in uno dei suoi Quattro Quartetti: «Ciò che chiamiamo inizio è spesso la fine. E fare una fine è iniziare. La fine è da dove iniziamo». Non a caso, le feste di capodanno inducono una confusione palese tra ciò che finisce e ciò che inizia, perché in realtà non finisce niente di vecchio, e non inizia niente di nuovo. Tutto procede esattamente come prima: passati i cenoni e i botti, chi la pensa alla maniera dei poeti si ritrova dov’era prima, come se niente fosse successo. I matematici, però, la pensano diversamente dai poeti.

Fare una fine (La Stampa, 2/01/25)

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